Spesso gli schizofrenici sono stati definiti come deboli nell’ego.
Bateson più precisamente definisce questa debolezza come una difficoltà nell’identificare ed interpretare ‘’quei segnali che dovrebbero dire all’individuo di che genere sia un messaggio (ricevuto,inviato o pensato)’’.
Questa è a tutti gli effetti ,come si avrà modo di chiarire a breve, una questione di attribuzione di significato,di interpretazione.
Nel saggio viene proposto un esempio:
La scena si svolge all’interno di una mensa posta nell’ospedale psichiatrica, la ragazza dietro al bancone chiede al ragazzo schizofrenico :
<<Che cosa posso fare per lei?>>.
Il paziente resta in dubbio circa la natura del messaggio:
.A) Celerà forse una minaccia ?
.B) Indicherà ,forse, un interesse sessuale per lui?
.C) Sarà un invito per una tazza di tè offerta?
.D) Infinite altre possibilità.
In sostanza,lo schizofrenico percepisce il messaggio ma non sa di che genere sia o a quale ordine collocarlo.Lo de- contestualizza.
Non è ,appunto, in grado di inquadrarlo ed è proprio questo che si definisce ‘’rottura con la realtà’’: una mancata collusione con il patto sociale e con gli assunti impliciti, che costantemente e inconsciamente ci tengono aderenti nella relazione col mondo e che nel contempo ci informano circa il genere di messaggio ricevuto.
Nella quotidianità è un pò come se ,in un modo a noi apparentemente ignoto, ‘’indovinassimo’’ puntualmente la risposta esatta.L’interpretazione giusta fra le mille ‘’.D’’ alternative.
Alterazioni in questo processo sembrano spiegare in buona parte l’eziologia di una sindrome comune a un certo gruppo di schizofrenici.
Secondo l’autore a un estremo della gamma di queste sindromi ci saranno individui più o meno ebefrenici, per i quali nessun messaggio è definitivamente noto, essi vivono in una sorta di mondo\limbo cronicamente sfocato.
All’altro estremo vi sono quelli che tentano di compiere un’identificazione eccessivamente rigida di ogni messaggio: ciò porterà alla paranoia.
Infine, una terza possibilità è l’introversione (catatonia).
Nel 1956 Bateson (et al.) ipotizza che alla base di questo collasso vi sia una determinata forma di interazione familiare;
Gli uomini si servono del contesto come guida per discriminare e scegliere il modo e il senso da rendere pertinente per quel messaggio.
Questo ci porta a pensare come non si debba andare in cerca di una causa primaria ossia di un’esperienza traumatica isolata e specifica nell’infanzia del soggetto(ottica Freudiana), quanto piuttosto ad essere individuate dovrebbero essere quelle strutture di sequenza caratteristiche reiterate e tipiche tali per cui l’eziologia patologica risulterebbe spiegabile.
Le suddette sequenze devono ‘’essere ancora vive’’(rintracciabili) nelle modalità di comunicazione schizofreniche assunte dal paziente.
Insomma, <<il paziente deve vivere in un inverso in cui le sequenze di eventi siano tali che le sue abitudini comunicative non-convenzionali siano per qualche ragione appropriate>>, esse rappresenterebbero la migliore situazione\soluzione per aderire a quello specifico contesto.
Per definire questo tipo di sequenze esperenziali l’autore usa il termine ‘’Doppio vincolo’’ (o doppio legame).
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•Affinchè si parli di Doppio legame deve assistersi a una costellazione di situazioni ripetute in cui la madre (o familiari cari alla vittima) comunichi al figlio un divieto con conseguente punizione e ,a un altro piano, solitamente paraverbale (tono della voce,atteggiamento,gesti) un messaggio in conflitto col primo.
Inoltre, deve crearsi una terza ingiunzione tale da rendere impossibile la fuga:
la vittima deve ,in sostanza, dipendere dal carnefice per sopravvivere.
Per chiarire ci rifaremo a una scena esemplificativa delineata dall’autore:
Nel buddismo Zen si persegue lo scopo di raggiungere l’illuminazione, che il maestro tenta di indurre nel discepolo. Il maestro alza il bastone sulla testa del discepolo dicendo in fare minaccioso :
<< Se dici che questo bastone è reale ti colpisco, se dici che non è reale ti colpisco, se non dici nulla ti colpisco.>>
Lo schizofrenico starebbe continuamente nella situazione del discepolo e invece dell’illuminazione raggiungerebbe disorientamento e confusione.
Il discepolo potrebbe strappare il bastone al maestro ‘’per salvarsi’’ ma allo schizofrenico tale possibilità (ribellarsi alla relazione) resta preclusa poiché il rapporto con la madre è di vitale importanza. (Si pensi addirittura a un doppio vincolo nell’età infantile!)
Chiarito ciò,una situazione ora più concreta in famiglia potrebbe essere così esemplificata: Caregiver: <<Non fare così e così altrimenti ti punirò >> seguita da un tono dolce o da frasi del tipo <<Ma non considerarmi come una castigatrice>>.
La struttura delle ‘’premesse vincolanti’’ può anche essere creata da voci allucinatorie una volta che il doppio legame è stato consolidato.Inoltre, basterà qualunque situazione anche lontanamente analoga -e quindi qualunque relazione- a mettere in moto nello schizofrenico il panico,la rabbia: la paura della relazione,la volontà di salvarsi, nascondendo la propria identità rifugiandosi nella difesa.Nel delirio.
Insomma le caratteristiche principali del doppio legame sono così sintetizzate:
1.L’individuo sente come sia di vitale importanza discriminare il genere di ogni messaggio proferito così da mantenere un ipotetico controllo.
2. E’ (o è stato) prigioniero di una relazione (2.1) in cui la seconda persona partecipante al rapporto emette messaggi su due ordini tali che ognuno neghi l’altro.
3.L’individuo non è in grado di ‘’leggere’’ a un livello meta-comunicativo i messaggi,in definitiva, non sa attribuirgli l’utile valenza per quel contesto: andando oltre il significato letterale si perde.
E’ come se a ogni richiesta ,anche banale, questo individuo si chiedesse ‘’in che senso intende?’’,’’cosa vuole dirmi davvero?’’.
In altre parole, non ‘’coglie’’ le intenzioni cui il messaggio tende o almeno le reali in relazione a quel contesto.
Non distinguerebbe addirittura pensiero primario e secondario,utilizzando così le metafore come realtà.Di conseguenza, quotidianamente, uno schizofrenico prenderebbe alla lettera anche le situazioni metaforiche.
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Così l’individuo replicherà queste strategie -inconsce- nelle nuove relazioni, strategie tese a difendersi e a difendere l’altro nel contempo perché questi è sempre temuto (rappresentante il genitore da non svalutare). Strategie quindi invisibili,sedimentate nelle metafore,utilizzate per celare realtà spiacevoli, che se recepite dall’interlocutore provocherebbero ,nella visione dello schizofrenico, un disastro.La morte di una fonte dalla quale trarre sopravvivenza: lo schizofrenico è invischiato in una relazione senza forma nella quale ogni scelta è giusta e insieme la sbagliata e ancora, l’unica possibile. In sostanza data l’incapacità di giudicare con precisione cosa gli altri intendano veramente, l’individuo sarebbe così portato nel dubbio a difendersi costantemente per non essere ingannato (finalmente) dagli altri. Se non compresi questi processi porterebbero a una continua reiterazione di se stessi. Lo schizofrenico è un individuo,per Bates
on,giunto a prediligere la modalità di ‘’non-intendere’’ come compromesso migliore per quella realtà,la sua. Ciò vuol dire che se nulla cambierà fuori, nulla cambierà dentro.
Dott. Maurilio Verdesca - Psicoanalitica_Mente
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