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Immagine del redattoreDott. Maurilio Verdesca

Il sintomo come tattica relazionale: caso clinico

Aggiornamento: 18 ago 2023

Introduzione: In questo articolo si esporranno alcune riflessioni sui sintomi, leggibili anche come tattiche implicite (messe in atto in maniera inconsapevole), partendo da alcune righe di Jay Haley tratte dal saggio "Strategies of Psychotherapy" [traduzione a cura dal sottoscritto].

‹‹Una donna sposata giunge in terapia poiché si sentiva costretta a lavarsi (compulsivamente) le mani tante e tante volte durante la giornata, soprattutto, a contatto con sostanze quale ammoniaca, candeggina, ecc.»

Dal punto di vista intraindividuale, tale sintomo, potrebbe leggersi (modello psicodinamico) come un modo di difendersi da talune idee aggressive ad es. istinti spiacevoli contro figli, marito, genitori o sé stessi ecc. Probabilmente il marito, in tale ottica terapeutica, sarebbe stato semplicemente escluso dall’attenzione del terapeuta, venendo considerato come vittima di questo sistema.

Haley procede secondo una logica leggermente differente.

La moglie descriveva il marito come un uomo dagli atteggiamenti tirannici, La coppia proveniva, inoltre, da culture fondamentalmente differenti - variabile da tenere in buono conto.

Citando Haley: “Il marito vieta alla moglie di lavarsi le mani, la segue per assicurarsi che non le lavi. Le nasconde il sapone e lo dilaziona. Lui le propone sfinito che se davvero lei lo ama allora dovrebbe smetterla con queste compulsioni del lavaggio (…) così è possibile pensare che quando lei in quanto arrabbiata esprime questa sua compulsione lavandosi le mani.”

Avendo un marito così tirannico e prepotente, si può ipotizzare come lei utilizzasse un modo non-violento (più sottile) di opporsi; esprimendo il suo dissenso in modi celati, comunicando senza apparentemente comunicare. Per lei diveniva possibile sottrarsi alle regole del sistema, sovvertendole in silenzio; in quanto, agendo tale sintomo, le sarebbe stato permesso di assumere (e mantenere) il ruolo di vittima innocente, sofferente, condannataa subire ingiustamente degli ordini impellenti e intrusivi di una “forza terza”, a lei estranea. A lei, anzi, contraria.

Chiaramente, avendo tale sintomatologia non le sarebbe stato nemmeno possibile portare avanti le faccende domestiche, scostandosi dal desiderio controllante del marito - non certo perché si ribellasse a lui - sia mai! - a impedire ciò erano, invece, le sue paure irrazionali di entrare i contatti con germi, veleni, batteri, ecc. che l’avrebbero portata a lavarsi ancora di più le proprie mani. Mentre la moglie mette in moto una sorta di sciopero bianco, intanto, il marito (il suo potere intriso di maschilismo) era stato detronizzato… da semplici lavaggi di mani.

Il tutto, in buona fede, vale a dire, non con intenti manipolatori espliciti: la moglie effettivamente era succube (spettatrice) di queste azioni impulsive e irrompenti. Si precisa come quanto ipotizzato da Haley non fosse un copione recitato intenzionalmente, la moglie ne era vittima. Quanto ivi si va discutendo è, invece, il fine relazionale per così dire positivo, celato, dietro il comportamento sintomatico.

Per così dire ora è la moglie a condizionare il comportamento del marito, senza poter ammettere di farlo. Siamo in una condizione di doppio legame, e cioè di paradosso relazionale.

“ Un sintomo è molto probabile che comporti un considerevole disagio per un paziente, tuttavia, questo piccolo disagio potrebbe essere sopportabile se inteso come un modo di acquisire un quota (anche piccola) di controllo e di potere all’interno di un particolare mondo relazionale, nel quale si è lontani da negoziazioni, accordi o possibilità di compromessi. "

Ad un livello relazionale, i sintomi divengono allora delle tattiche (inconsce) di comunicare: delle strategie orientate a un obiettivo. E, al contempo, modi di difendersi: in questo caso utilizzando una aggressività-passiva (preferirei: assertività-passiva). Non esiste un focus giusto, esistono - a mio parere - focus più o meno flessibili. Ora: i problemi umani, essendo complessi ed intricati hanno più variabili in gioco e dunque più porte d’entrata. L’importante non è tanto entrare in essi quanto uscirne, cambiati.

Ecco perché, nonostante premesse teoriche apparentemente differenti le psicoterapie raggiungono risultati tra loro assimilabili.

Diritti riservati: dott. Maurilio Verdesca




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