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Immagine del redattoreDott. Maurilio Verdesca

Le ragioni dell’amore: Una analisi psicologica













•Vale la pena chiarirlo: più ricerche dimostrano come l’amore romantico (quello fatto di sentimenti intensi e viscerali) esista pressochè in tutte le culture. Prendendone atto, potremmo definirlo una sorta di universale della specie umana.

Una variante esiste ed è rappresentata dalle modalità di corteggiamento che differiscono in funzione del contesto bio-psico-sociale, in altre parole, dal soggetto, dalla sua storia/cultura e dai suoi gruppi di riferimento; tuttavia, la gamma emotiva e i processi psicobiologici rimangono pressochè gli stessi.

Ma quali sono?


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‘L’amore è cieco’ -si dice- e in effetti gli innamorati focalizzano molte attenzioni sull’amato/a trascurandone gli aspetti negativi ed esaltandone i positivi. Al passare del tempo il pensiero dell’amato così come il desiderio nei suoi confronti iniziano ad essere sempre più presenti, per brevi tratti quasi ossessivi; tuttavia, niente di patologico: normale amministrazione; sappiamo i meccanismi ossessivi essere connessi ad un abbassamento del tono serotoninergico, aspetto in effetti condiviso con il funzionamento cerebrale degli innamorati. Inoltre, nell’innamoramento si riscontra un incremento di due altri neurotrasmettitori: noradrenalina e dopamina.

Il funzionamento coordinato di questa miniorchestra spiega perchè la gamma di emozioni e valutazioni negative sia ridotta nei confronti del partner di cui si è innamorati; questo funzionamento sinfonico spiega anche come i sistemi cognitivi tendano a distorcere la percezione dell’oggetto d’amore, in qualche modo, ‘perfezionandolo’ e, insieme, alimentandone il desiderio.

Si inizia a costituire una sorta di tossicomania per l’oggetto d’amore e, intanto, emerge l’angoscia dallo stesso: la lontananza (fisica ed emotiva) crea sentimenti spiacevoli, al contrario, la vicinanza è la benvenuta.

“La teoria dell’attaccamento è, nella sua essenza, una teoria spaziale: quando sono vicino a chi amo mi sento bene, quando sono lontano sono ansioso, triste e solo” scriveva Holmes (1993).



Le radici dell’innamoramento: L’infanzia

E qui è doveroso riportare di un chiaro parallelismo o nesso esistente fra l’innamoramento adulto e quello infantile (madre-bambino) molto simili per diversi aspetti; primariamente, in entrambi i casi, nei due partner si innalza il livello di ossitocina, ormone che una ricerca condotta dall’University of Maryland School of Medicine ha scoperto avere a livello “affettivo” molti effetti positivi come attenuare lo stress, incrementare la fiducia (è stato dimostrato che inspirare uno spray contenente ossiticina aumenta la fiducia nell’ambiente e nel prossimo), promuovere l’empatia e la propensione a socializzare.

In uno studio del 2005 di Fries è emerso che i bambini accuditi in un ambiente adeguato in epoca precoce, al contatto con la madre, rispondano con un incremento di ossitocina in maniera selettiva rispetto ad altri, cresciuti in ambienti affettivamente deprivati.

Sappiamo essere le esperienze precoci molto importanti, in quanto modello prototipico e fondante per le successive, dunque se compromesse –queste- incideranno in maniera coerente nella vita adulta, su più livelli; ad esempio, renderanno difficile instaurare un rapporto di fiducia o di intimità.

E’ proprio nel corso dei primi sette mesi di vita circa che si formano le prime relazioni di attaccamento.

L’attaccamento è un sistema che si basa su meccanismi cerebrali-motivazionali innati, gli stessi che spingono il bambino a ricercare la vicinanza dei genitori (o di coloro che si prendono cura di lui e cioè i caregivers) sin dai primi momenti di vita.

Il bambino è filogeneticamente programmato a instaurare rapporto, a coinvolgere e comunicare (seppure in modalità molto diversa dalla adulta) in primis emozioni per mezzo di processi, a tutti gli effetti, interattivi.

Dal punto di vista evolutivo suddetto sistema comportamentale è mirato alla sopravvivenza del bambino, tuttavia, il suo valore nei fatti è incommensurabile: Esso crea legami, non a caso è solo nella interazione che inizia a prender piede la costruzione della mente adulta.

Esperienze ripetitive vengono registrate nella memoria implicita, a loro volta queste generano delle ‘medie aritmetiche’, delle aspettative inconsce incapsulate in schemi che fungono da filtri sul mondo: mi dicono chi sono per l’altro, cosa mi aspetto dall’altro, come è più probabile che la nostra relazione si organizzi e su quali dimensioni emotive; successivamente questi copioni serviranno a guidare il mio comportamento, le mie emozioni, i miei pensieri: le mie azioni saranno mosse in risposta a una mente plasmata in base alle proprie storie passate, condensate in definitiva in questi modelli operativi interni.

Sembra possibile ipotizzare che queste esperienze precoci non siano immagazzinate in memoria sottoforma di immagini discrete o differenziate, anzi come memorie cinestetiche poiché organizzate in epoche molto precoci, in cui nella mente non esisteva ancora una differenziazione fra il sé e l’altro.

Dunque, dal punto di vista dell’infante le emozioni della madre sono – in qualche modo – anche le proprie; pertanto è dall’interazione di questi incontri continui e ricorsivi che inizierà ad emergere il sé.

Queste esperienze sono delle bussole: ci orientano nel mondo.

Via via, crescendo tenteremo sicuramente di trovare partner abili (inconsapevolmente) a ‘confermare’ i nostri modelli relazionali, è come se questi ultimi fossero il nostro pezzo forte; ciò in cui ci siamo formati meglio, ciò di cui siamo esperti.

Nel 1910 era Freud a intuirlo scrivendo come nell’amore adulto sopravvivano alcune caratteristiche che rivelano e conservano inconfondibilmente tratti del prototipo materno nella scelta oggettuale del partner; caratteristiche che oggi si fanno coincidere con comportamenti più paraverbali e non verbali (inconsci), come la prosodia della voce e lo stile relazionale.

Il legame fra i due mondi, l’infantile e l’adulto, è indissipabile, l’amore trae origini da lontano;

La durevolezza delle esperienze e delle relazioni traumatiche precoci è probabilmente la causa psicologica più diffusa della sofferenza: molte volte da osservatori non comprendiamo perché una persona non lasci tanto facilmente il suo partner, che può sembrarci razionalmente inadeguato. Ahimè, è una questione che in buona parte esula dalla razionalità: le relazioni che intraprendiamo ci danno stabilità, ci danno sicurezza, devono anzitutto confermare l’immagine che abbiamo costruito nella vita tramite l’interazione con gli altri: Nella mia infanzia necessito di amore, è una pulsione innata.

E’ stato confermato da vari studi essere letteralmente cruciale per la sopravvivenza; e se nella mia infanzia ho appreso che amare vuol dire essere allontanati nei momenti di bisogno, da grande mi sentirò portato ‘spontaneamente’ a reprimere o dissimulare le mie emozioni e a cercare un partner che mi permetta di replicare grosso modo queste dinamiche: che sia magari poco disponibile e altrettanto lontano. Perché? Queste esperienze per me sono o meglio significano Amore: l’amare e l’essere amato.

I nostri modelli di attaccamento funzionano come delle calamite estremamente selettive, come dei puzzle che si risolvono solo in presenza di quelle forme, risuonano solo in presenza di certe condizioni. Tutti noi creiamo contesti e coltiviamo relazioni nelle quali possono svilupparsi alcuni tipi di amore e di odio mentre altri ne sono preclusi.

Dunque all’interno di una relazione sentimentale, se intima, verranno riattivati gli stili di attaccamento infantile che, ripescando in maniera esponenziale dal ventaglio di stili relazionali appresi durante l’infanzia (co-costruiti nel rapporto genitori-bambino) metteranno in moto, a cascata, quei fantastici meccanismi di cui prima si è parlato, che rendono ragion a quell’irragionevole esperienza che ci rende felici, umani, tristi.

D’altronde non aveva poi tutti i torti Pascal a scrivere.

‘Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce’.


Dott. Maurilio Verdesca - Psicoanalitica_Mente



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Bibliografia


S.Mitchell(2002), Il modello relazionale, Raffaello Cortina, Milano.

Merciai&Cannella (2009) , La psicoanalisi nelle terre di confine, Raffaello Cortina, Milano.

S.Freud (1984), Psicologia della vita amorosa, Newton Compton , Roma.

D.Siegel (2001), La mente relazionale, Raffaello Cortina, Milano.

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