Secondo Freud il pensiero in origine non compare affatto come facoltà dell’apparato mentale. Il pensiero nasce dall’assenza, dalla frustrazione dovuta all’impossibilità di soddisfare (letteralmente) im-mediatamente i propri desideri salienti che, nel caso dell’infante, sono quelli nutritivi. Come è noto il bambino non potendo sentirsi nutrito semplicemente allucinando il seno e allattando da questo ologramma rivolge la sua attenzione all’esterno, all’altro. In questo caso all’oggetto-madre. Questo è un grosso passo maturativo per un soggetto mentale. La vita gli insegna che l’ambiente esterno, il mondo e i suoi abitanti, sono necessari alla vita. Non solo: soprattutto, si inferisce che i propri desideri non si esaudiscono sempre su ordinazione, ci vuole pazienza, coraggio, tenacia e un po’ di fortuna. Insomma, la propria onnipotenza deve cedere a un dato di fatto: il genio della lampada non esiste e noi, in parte, dipendiamo dagli altri - e viceversa - creando in fin dei conti una struttura chiamata, più o meno esplicitamente, società.
Tutto ciò può dirci e darci del nuovo oggi? Freud non conosceva i cellulari, non conosceva internet. Non conosceva le relazioni oggettuali virtuali. In esse la libido è particolarmente liquida, mobile e fugace. Come si può non pensare all’egemonia del processo primario in esse? Spesso, non sempre, gli applicativi di messaggistica istantanea elicitano inevitabilmente il funzionamento del processo primario. Innanzitutto per il fatto che permettono un controllo maggiore di sé stessi e gli altri – più difficile da ottenere nella vita reale. In che senso? In senso ampio: ci basti pensare che chiunque può costruire la propria identità con poco sforzo, può essere chiunque, lasciando a riposo la propria personalità più sincera. E’ un doppio filtro rimuovente questo cui faccio cenno. Inoltre, trascurando molti altri dettagli non oggetto di questa sede, mi riferisco alla facoltà onnipotente di bloccare l’altra persona. Di metterla, virtualmente e simbolicamente, a tacere. Vi chiederete se tutto questo è giusto? Non sta a noi dirlo, invece, sta a noi riflettere su questo. E’ un continuo riproporsi di oggetti parziali il mondo di queste applicazioni. Mi riferisco certamente alle relazioni oggettuali del tutto virtuali, il problema non si pone affatto con le persone che si frequentano, si conoscono e rafforzano il loro legame tramite questi strumenti. Esistono però altri casi, in cui ci si conosce senza conoscersi. In questi casi si parla più con sé stessi che con l’altro/a, è un intreccio di proiezioni e idealizzazioni e, per un adolescente in particolare, è difficile venire adeguatamente a capo dal suddetto gioco di specchi. Tornando a noi, questo processo non permette di sentire la frustrazione e orientarsi verso il mondo reale, al contrario, si presta ad essere un rifugio in cui riempirsi di libido senza mai scaricarla davvero. E’ una modalità regressiva in cui ci si innamora di sé stessi, in altre parole. Alla fine dei conti ci si ritrova truffati, nel migliore (o peggiore dei casi) con un album di foto dell’altra persona, con la sua voce ma con un’alta carica eccitatoria-somatica che si risolve in una ferita narcisistica. E’ in questi casi che si sviluppa il meccanismo paranoico: non è colpa di nessuno, non c’è nessuno da incolpare e da rimpiangere. Si resta da soli, la colpa è dell’Io che non ha saputo difendersi da sé stesso. Permane così, nella persona e nell’intorno, un senso di dolore e di lutto, che deve rinvestire in sé, senza mai – a differenza del lutto - poterne trarre un oggetto-risorsa da interiorizzare. Ci si identifica col nulla alla stregua della melanconia. Dunque sì, ben vengano le leggi che regolamentino e sanciscano la tutela dei minori su (ad es.) Whatsapp… peccato che siano pura apparenza, per ora.
Pertanto, al primo posto, rimane la sensibilizzazione veicolata da genitori e insegnanti. I social e le app di messaggistica sono, infatti, solo degli strumenti, innocui in sé.
E' l'uso che se ne fa che ne produce retrospettivamente gli esiti valutativi.
Dott. Maurilio Verdesca - Psicoanaliticamente
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